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abbiamo retto momenti peggiori
abbiamo atteso, piano
che si attutissero i rumori di fuori
quel sordo tonfo a volte
ma ci si abitua a tutto si dice
e come è vero
alla cenere di più che non al fuoco acceso e caldo
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Un gioiello prezioso, la poesia di Maria Gervasio.
“Nella misura di canto che mantiene sempre, la poesia della Gervasio non si risparmia, né risparmia quel che incontra e che non si conforma a un'idea, un ideale alto e esigente nei confronti del mondo, e di chi ci vive. (...) Una poesia tanto leggibile quanto profonda, tanto cantabile nel ritmo quanto petrosa nell'asprezza di certi passaggi.”
(cit. presentazione della raccolta “In un tempo calmo”, Bohumil Edizioni, marzo 2007)
.
Che dire? ... concordo!
.
Sono così fragili le menti
i corpi così confusi
nei giorni di pioggia obliqua contro i muri
ci fermiamo ad osservare
la terra che si fa pesante
assorbe acqua,
in un tempo fermo
di ombrelli sgocciolanti
di scarpe sporche e segatura
che si appiccica alle suole
che si sparge ovunque sulla strada,
ogni volta ti guardo
guardo che ti lascio andare
.
mia bella signora, meraviglia
schiudi per me la bocca
fammi sentire il fiato
il respiro umido
lasciati guardare,
il lupo della Sila se t'incontra
si sdraia come un cucciolo e ti guarda
tu gli sorridi, giochi
e il mio corpo si ferma per salvarsi
.
un suono basso accompagna i pomeriggi
dopo un po' quasi non lo si sente
un unico tamburo batte cupo il tempo
scandisce il ritmo guida le fila
siamo in molti qui fuori a chiederci le cose
.
eppure un giorno ci hanno sfiorato le orecchie
perché potessimo sentire, e la bocca
perché imparassimo a parlare a dire
e si pregava a mani aperte
come a raccogliere acqua da una fonte
.
qualcuno mi dirà come dovremo fare
ancora mi addormento a pugni chiusi
le ginocchia piegate contro il ventre
.
ma non passa più di qui il tamburino
che torna dalla guerra
con la divisa e le mostrine sporche
guida la marcia dei soldati feriti stanchi
batte il passo ai fantasmi
.
se lo vedessimo passare
se solo smettesse di piovere
e questo battere continuo di tamburi
se smettesse
adesso
.
dietro le grate di un manicomio chiuso
qualcuno chiede se siamo in molti qui, fuori
rispondo che sì che siamo tanti
che eravamo felici
venivi ogni volta a cercarmi e mi seguivi
ma avevi gambe pesanti
e tutti gli anni addosso a rallentarti il passo
e io correvo
.
abbiamo retto momenti peggiori
abbiamo atteso, piano
che si attutissero i rumori di fuori
quel sordo tonfo a volte
ma ci si abitua a tutto si dice
e come è vero
alla cenere di più che non al fuoco acceso e caldo
a questa polvere ovunque sulle cose
che ora entra negli occhi senza dar fastidio
senza nemmeno un battito di ciglia
appena sopra un cuore freddo
se il tempo del lavoro è lungo
è anestesia
se il tempo dell'amore e del coraggio non importa
e il resto accade altrove
se non sono io
.
Bologna delle cinque, buia
e la stanchezza
un tardo autunno nella piazza
adagio i passi, lenti
in tempo per respiri lunghi
ora non piove è quasi nebbia
l'aria di un sospiro è quasi fumo
l'umido entra in gola e tra i capelli
ma un drago enorme e bianco appare e danza
di pura luce si alza e tende il collo
oh meraviglia!
si china fino a terra e poi ancora e sale
la musica dei saltimbanchi sul sagrato
gli acrobati sui trampoli
i costumi colorati, i cani
i cani che lo seguono annusando
affamati abbaiano alla strada, al drago
che si alza bianco
bianco contro il cielo.
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