Il romanzo di Carmela è una sorta
di diario in cui la protagonista, ripercorrendo il proprio vissuto, riscopre
tra le pieghe della memoria tutto ciò che ha dato un senso e un “sapore” alla
sua stessa esistenza. Il racconto è fatto di pagine dolci e intense, che
sembrano chiedere al lettore di rallentare e fare silenzio, di concedersi una pausa di riflessione.
Nora, protagonista e voce
narrante della vicenda, è un personaggio con il quale si stabilisce fin dalle prime
pagine una forte empatia: sarà per il modo schietto e genuino di svelarci la
sua anima, per la tenerezza malinconica che pervade i suoi ricordi d’infanzia,
per la capacità di mutare le debolezze proprie e altrui in occasioni di
rinascita… o, più probabilmente, per tutte queste cose insieme.
I suoi valori sono semplici
eppure preziosi, ampiamente condivisibili: l’attaccamento alle radici, la
gratitudine per l’amore ricevuto, l’accettazione delle proprie fragilità, la
determinazione a “nutrire la vita di sale” per trasformare ogni esperienza,
anche negativa, in un volo ad alta quota.
Nora ha un animo puro, una
naturale propensione alla condivisione, una grande sensibilità e un’umiltà
rara. Qualità che si rivelano capitolo dopo capitolo, incontro dopo incontro; e
che consentono a questa donna straordinaria, mentre cerca di aiutare gli altri
con il tocco sapiente delle sue mani predisposte all’ascolto, di conoscere
appieno se stessa e, al contempo, di persuaderci a esplorare i nostri
sentimenti più intimi, e a riconoscere e risolvere sofferenze di cui non
eravamo pienamente consapevoli.
Così, mentre “cura” i suoi pazienti, Nora fa molto di più: con la dedizione e la delicatezza di chi sa
insegnare senza mai salire su un piedistallo, ci sprona ad accogliere il
cambiamento che la vita ci chiede, e a trovare, seguendo il suo esempio, la
nuova forza interiore che possiamo trarre da questa metamorfosi.
Molto bello e toccante il
capitolo finale, che porterò nel cuore:
“Ci sono approdi a cui la ragione non arriverà mai, c’è bisogno di uno
sguardo che diventi presenza nel cuore dell’altro, una vertigine, come un’onda
che si alza allontanandosi, quasi separandosi dal mare, e che affonda proprio
in quello sguardo, perché in quell’istante il sale scioglie il sapore del
mistero delle parole”.