La vita è il mio viaggio. L'amore ne è meta, bagaglio, percorso.



PoesieRacconti

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giovedì 14 ottobre 2010

L'ULTIMA ESTATE CHE GIOCAMMO AI PIRATI, di Alessandro Soprani


In assoluto il più bel romanzo che abbia letto da due anni a questa parte.
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Arrivata all'ultima pagina di un libro, spesso mi capita di pensare (con un pizzico di SANA invidia):
"Che bello, vorrei averlo scritto io!".
E infatti parecchie letture, anche recenti, mi hanno colpita ed entusiasmata. Ma questa ha fatto molto di più. 
Questa lettura mi è entrata dentro, proprio in fondo al cuore, come poche altre hanno saputo fare. La storia di Luca, Mario e Davide è  entrata a tutti gli effetti a far parte dei MIEI ricordi!
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Alessandro Soprani (autore parmense, pressapoco mio coetaneo) è un esordiente ancora poco noto, ma che per la sua bravura è riuscito a farsi pubblicare da Mondadori (tanto per sfatare il mito che vuole che Mondadori non sappia riconoscere il talento) e del quale certamente sentiremo ancora molto parlare. La sua narrazione è semplice, leggera e al tempo stesso profonda. Le descrizioni sono accurate, mai pesanti, molto evocative. La ricostruzione di fatti e stati d'animo così realistica e dettagliata da farti dubitare che l'autore li abbia vissuti davvero. L'empatia che si crea coi personaggi talmente vera da farti sentire parte del libro e della storia. L'attenzione è tenuta alta fino alla fine, per un sottile filo di tensione che ti tiene incollato alle pagine e si scioglie, magari con qualche lacrima, solo sul finire.
Insomma un libro davvero speciale, indimenticabile!

Il testo del risguardo di copertina:

"Estate del 1955 sulle colline dell’Appennino parmense: gli echi della guerra non si sono ancora spenti; non sono dimenticati gli odi, ma nemmeno i dubbi e le paure. Si trovano armi nascoste ovunque, e i bambini ascoltano i racconti degli adulti curiosi delle loro storie – scontri, eccidi, tradimenti – così come dei loro silenzi, delle loro reticenze.
Tre ragazzini – Luca, voce narrante, Davide e Mario –, i tre moschettieri, come vengono chiamati, sono i protagonisti di quotidiane avventure: giocano a biglie, ai pirati, alla guerra con mitici Sten di legno di faggio. Giocano, rovistano nei solai in cerca di cimeli, ed esplorano i luoghi proibiti dei partigiani… E proprio durante una di quelle esplorazioni Luca scopre un cadavere: è Delmo, un uomo buono e innocente – lo scemo del villaggio, qualcuno direbbe – al quale i ragazzi, come tutti, volevano bene.
Quando gli indizi sembrano incolpare Giona, un reduce inglese rissoso e ubriacone, Mario, il più maturo, forse perché ha perso la mamma e ha un padre alcolizzato e violento, decide che non si può lasciare impunito l’assassino di Delmo. Bisogna vendicarlo.
Si fa in fretta a passare dal gioco a una terribile realtà, soprattutto se si incontrano delinquenti senza scrupoli. Ma occorre molto coraggio, o incoscienza, quando la linea d’ombra che separa la giovinezza dall’età adulta non attraversa solo il mutare dei sentimenti e delle emozioni, ma si sporca di sangue. Questo è il messaggio chiaro che viene dalla voce addolorata e fiera dell’Italina, splendida figura di vecchia che di quei ragazzi è l’unica confidente, forse perché, custode a sua volta di un antico lacerante segreto, è l’unica che può veramente capirli.
Un esordio delicato e forte, questo di Alessandro Soprani, un romanzo d’avventura e di formazione in cui la Storia e la provincia italiana fanno da sfondo e da protagoniste insieme, con una nostalgia e una potenza che arrivano al cuore." 

http://web.me.com/alessandro.soprani/Alessandro_Soprani/Il_libro.html
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martedì 5 ottobre 2010

LA META' DI CREDERE, estratto


AZAB

Quel giorno mi apparve diverso, il paesaggio.

Solo silenzio, intorno a me; nella campagna immobile, che trasudava ancora umori di pioggia e vento. Per il violento temporale del giorno prima e la pioggerella senza sosta della notte.
Mi muovevo piano, attento. Continuando a spargere, mio malgrado, pennellate maldestre in un fragile sentiero di fango. Sporcando malamente una tela, incorniciata d’azzurro, che prometteva di essere perfetta; e che invece, purtroppo, sarebbe per sempre rimasta incompiuta.
Come potevo, io, saperlo.
Come avrei potuto, io, evitarlo...
Vedevo l’olmo, in lontananza. Scuro, accanto alla cascina sbiadita dal sole che, già alto all’orizzonte, stillava luce tra i batuffoli polverosi del cielo. E sputava lampi, fulgidi; che, a intermittenza, illudevano i miei occhi col miraggio del luccichìo di un diamante. Laggiù, oltre la riga indelebile tracciata nel grano. Laggiù davanti al pozzo, nel cortile grazioso di giare fiorite.
Giunsi alla staccionata, ai piedi dell’olmo. E lì mi fermai, sul limitare del sentiero, dritto in mezzo al grano, verso la casa di Priscilla. Che troneggiava splendida, nei suoi colori; su una campagna tenue, acquerellata sul Cielo.
Non capii subito, cosa ci facesse lì la volante della polizia.
Ma mi fu chiaro in un attimo quanto stridesse, in quel capolavoro di affresco, quel compatto fasciame di lamiere dipinte; e l’insistente ruotare, noioso, del blu gelido di quella sua lucina.
Lo vidi, in un istante.
E lo stridore si levò in urlo, e con l’urlo sentii i miei timpani impietrirsi, e nel freddo ruvido della pietra ascoltai il mio respiro allungarsi, e tendersi, fino quasi a spezzarsi. Come una fune logora, sempre più sottile.
Intanto l’olmo, impassibile, si stagliava superbo nell’aria grigia, ora irrespirabile.
Sembrava stanco, pur se ostentava il suo solito orgoglio.
Abbassò le palpebre, grevi. Increspò la fronte, grinzosa.
Lo sentii gemere, afflitto. Di un dolore acuto, dilaniante. Insanabile.
L’austero olmo pareva sconfitto.
...
Rassegnato.
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lunedì 4 ottobre 2010

E TU COME STAI?, Claudio Baglioni

L'album omonimo risale all'ormai lontano 1978.
E nonostante i suoi trentadue anni, questa rimane una delle canzoni più belle di sempre...

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venerdì 1 ottobre 2010

COME FOGLIE, di Malika Ayane

E' piovuto il caldo
ha squarciato il cielo
dicono sia colpa di un'estate come non mai...
piove e intanto penso
ha quest'acqua un senso
parla di un rumore prima del silenzio e poi
è un inverno che va via da noi
allora come spieghi questa maledetta nostalgia
di tremare come foglie e poi
di cadere al tappeto?
D'estate muoio un po'
aspettando che ritorni l'illusione
di un'estate che non so
quando arriva e quando parte
se riparte...

Certi silenzi hanno lo stesso rumore di un continuo morire.